Sala 3L'abito ritratto
L’abito da utilizzare per un ritratto non era mai frutto di una scelta superficiale perché doveva trasmettere precisi messaggi.
Attraverso l’abito, i gioielli, l’acconciatura e altri dettagli il ritratto comunicava, in maniera chiara e diretta, lo status sociale, la situazione economica, la posizione politica, religiosa, professionale dell’effigiato. È questo il motivo che sempre ha spinto gli artisti, pittori o scultori, a rappresentare questi elementi con particolare cura e attenzione. Proprio per questo, le testimonianze iconografiche quali ritratti e monumenti scolpiti, costituiscono una preziosa fonte per la ricostruzione della storia della moda e del costume.
Materiali esposti:

Ritratto femminile (Ricciarda Gonzaga Cybo?)
Pietro Nelli, 1715 circa, olio su tela, Collezione d’Arte Banca Carige
Il ritratto raffigura una giovane donna che indossa un abito in velluto rosso, con bordature dorate, e una stola celeste, anch’essa in velluto. L’abito è caratterizzato da un corpetto a punta, con profonda scollatura, chiusa da due preziose fermature gioiello, e ampie maniche, trattenute sopra al gomito da un filo di perle, che si aprono lasciando spazio alla cascata di pizzi della camicia.
Questi elementi permettono di datarlo al primo quarto del Settecento. Il motivo ricorrente delle perle, insieme ai fiori bianchi che la giovane tiene in mano, sono un chiaro riferimento a virtù quali la castità e la purezza d’animo e fanno supporre che il dipinto possa essere un ritratto nuziale. Ciò non contrasta con l’identificazione del personaggio con Ricciarda Gonzaga Cybo che sposò Alderano I Cybo Malaspina nel 1715. È quindi plausibile che il ritratto sia stato realizzato in occasione delle nozze.
L’attribuzione al pittore carrarese Pietro Nelli che svolse soprattutto a Roma la sua attività di ritrattista si fonda sulle forti assonanze stilistiche con alcuni ritratti femminili realizzati dall’artista negli stessi anni.

Ritratto maschile
Ambito toscano,
1680–1720 circa, olio su tela, collezione privata
Il dipinto ritrae un gentiluomo che indossa una veste da camera realizzata con un tessuto a motivi fitomorfi giocato sulle tonalità dei bruni e impreziosito da lumeggiature argentate. La veste, dalle maniche ampie, lascia intravedere la camicia bianca rifinita da ricchi merletti che sottolineano i polsi e accompagnano la scollatura. La tipologia del pizzo e i motivi decorativi del tessuto permettono di inquadrare temporalmente il dipinto al primo ventennio del secolo XVIII.
Il carattere informale del ritratto è confermato dall’acconciatura dell’effigiato che rinuncia all’utilizzo della parrucca incipriata, immancabile accessorio dell’abito di corte, per presentarsi con i lunghi capelli naturali ricadenti sulle spalle.
Le linee morbide della veste, si ispirano alle forme degli abiti orientali, secondo una tendenza diffusa in Europa a partire dalla seconda metà del Seicento.
In mostra è esposta una pianeta caratterizzata dalle stesse tonalità brune impreziosite da lumeggiature in argento filato e con un motivo decorativo simile a quello raffigurato nel dipinto, probabilmente anch’essa derivante da una veste maschile.

Pianeta
1720–1730 circa, raso con broccature in seta policroma legate in diagonale
e in argento filato e riccio, dalla Chiesa di Nostra Signora della Misericordia, Massa
Il tessuto è caratterizzato dalla presenza di motivi decorativi realizzati in seta policroma nei toni del nero, marrone scuro, marrone bruciato, vivacizzati da filati metallici argentati e dorati. I moduli decorativi si dispongono in teorie orizzontali che si ripetono in verticale e presentano elementi naturalistici floreali mescolati a disegni lussureggianti, non identificabili in natura. La resa tridimensionale dei frutti si deve all’utilizzo della tecnica del Point-rentré che consiste nello sfumare in modo meno repentino da una tonalità ad un’altra.
Interessante il confronto con il ritratto maschile esposto in mostra, raffigurato con una veste da camera contraddistinta da una cromia identica a quella del tessuto della pianeta.

Maria Beatrice Ricciarda d’Este
Carlo Prayer, 1819 circa, olio su tela, Accademia di Belle Arti di Carrara
Il dipinto raffigura Maria Beatrice d’Este (Modena 1750–Vienna 1829) che, a partire dal 1790 fu duchessa di Massa e principessa di Carrara. L’abito che indossa propone le forme tipiche dell’ultima fase dello stile impero: in raso grigio, tagliato sotto il seno, con maniche corte a palloncino e un’ampia scollatura sottolineata da una piccola ruche di pizzo. Il decolleté è coperto da un davantino in tulle che si chiude intorno al collo con una ricca gorgiera. Rifinisce l’abito il ricco scialle in velluto rosso foderato di ermellino.
L’immagine che il pittore ci restituisce è quella di una donna determinata, cosciente del suo ruolo di potere, a cui fanno chiaramente riferimento alcuni particolari dell’abbigliamento, come lo scialle foderato di ermellino o il diadema fra i capelli, ma anche molto attenta alle tendenze del gusto del momento.
Il dipinto è opera del pittore milanese Carlo Prayer che lo realizzò sul modello di un altro ritratto eseguito nel 1817 dal pittore trentino Giovanbattista Lampi junior, oggi esposto nella Galleria d’arte moderna di palazzo Pitti.
Carlo Prayer lo realizzò in omaggio alla duchessa Maria Beatrice, in occasione della sua nomina a professore di disegno nell’Accademia di Carrara, carica che gli fu affidata nel 1817.